L’idea di formazione che arriva alla mia mente ogni volta che mi trovo a progettare un nuovo corso o un nuovo percorso è una formazione attiva, dinamica, coinvolgente, interattiva. Queste sono le parole guida che mi aiutano a decidere che tipo di intervento creare, ogni volta cercando di centrare le esigenze formative che mi ha trasmesso il committente o i bisogni formativi che ho identificato con diversi strumenti di indagine che creo il più delle volte ad hoc, per ogni nuova opportunità di progettare la formazione.
Queste esigenze o bisogni formativi diventano il “fil rouge” dell’intervento. Creo una impalcatura di sostegno, lo “scaffolding” come direbbe Bruner, J., che accompagna l’esplorazione e facilità la comprensione. Credo che i partecipanti devano sperimentare in prima persona, confrontarsi tra di loro per risolvere i problemi da soli; quindi, rimango in osservazione e do supporto solo quando necessario.
Dalla macro-progettazione approvata con il committente passo alla micro-progettazione e quindi entro nel merito delle questioni, scegliendo le giuste esercitazioni che aiutino a fare esperienze concrete, poi do spazio all’osservazione riflessiva, alla concettualizzazione astratta e infine all’esperimentazione attiva, compiendo così il ciclo di apprendimento dell’adulto descritto da Kolb. Alternare le sessioni di aula seguendo il ciclo dell’apprendimento proposto da Kolb rende tutto più dinamico e interattivo.
Trovo molto efficaci i questionari di autovalutazione delle singole competenze, come dei check up sulle competenze, che aiutano molto al partecipante a fare il punto della situazione.
Utilizzo anche molto il lavoro in sottogruppi perché è nel confronto con gli altri che il proprio apprendimento si amplifica, sono le domande degli altri quelle che arricchiscono il pensiero singolo. Questi lavori possono essere pratici, tipo giochi didattici o anche di riflessione condivisa e cerco sempre di lasciare spazio per condividere in plenaria i risultati del lavoro nei sottogruppi. Creo molto nell’apprendimento collaborativo.
Trovo molto potenti le scene di film che alterno durante le sessioni più concettuali e teoriche. I filmati attraggono molto ai partecipanti, sono coinvolgenti, invitano alla riflessione e a volte sono dei veri “case study” che permettono di arrivare velocemente a riflessioni e analisi molto profondi e interessanti.
Con questo approccio e con questa impostazione metodologica e didattica si possono creare progetti di formazione in presenza o in modalità virtuale, cambiano solo la tipologia di esercitazione ma ogni ambiente formativo trova tante possibilità e i limiti diventano opportunità d’apprendimento.
La massima efficacia l’ho trovata nella combinazione di aule di formazione con il coaching individuale o team coaching. È il modo migliore per concretizzare i piani d’azione che propongo di fare ai partecipanti alla conclusione dei percorsi formativi. Con il Coaching i piani d’azione si portano a termine.